Il nuovo album di Mahmood esplora il vissuto dell’artista, rivelando ciò che si nasconde sotto le lenzuola e sui letti di tante vite diverse

Che sia una confessione o un’esplosione di passione, che ci sia profumo di rose tutto intorno o l’acre odore della vergogna, sui letti, sotto le lenzuola, il tempo che si consuma non è mai uguale, così come le parole, che cambiano come le persone, come le emozioni. Sotto le lenzuola dei letti di ognuno di noi infiniti pensieri occultati al mondo, in attesa che qualcuno dia una sistemata, alle lenzuola così come a quegli stessi pensieri. Mahmood l’ha fatto e l’ha messo in musica: arriva il terzo album in studio dell’artista milanese, “Nei letti degli altri“.

Due anni e mezzo di lavoro risiedono tutti in questo disco. I testi portano la firma di Mahmood, che ha trovato al suo fianco alcuni pesi massimi della scena contemporanea italiana, tra cui Davide Simonetta, Jacopo Ettorre, Tropico, Katoo, Charlie Charles e tanti altri, insieme ad alcuni feat come quelli con Slim Soledad nell’intro dell’album, con il rapper campano Capo Plaza nella sensuale “Neve sulle Jordan“. In “Paradiso” poi trovano posto la melodia di Chiello e le barre di Tedua.

Ad aprire le porte di “Nei letti degli altri“, subito dopo l’intro – che campiona in apertura un’intervista sui generis rilasciata ad un media inglese durante la sua prima partecipazione all’Eurovision Song Contest nel 2019 – è quella “Tuta gold” che, sbocciata appena qualche giorno fa sul palco del Festival di Sanremo, sta macinando ascolti su ascolti e risultati nelle classifiche: primo in radio, primo nelle vendite, piombato anche nelle classifiche internazionali di Spotify. Frutto di un’intuizione musicale che s’è rivelata più che giusta, è senza dubbio la conferma dell’estro di Mahmood, allergico alla banalità.

Si prosegue con il primo singolo che ha dato il via a questo nuovo corso artistico: “Cocktail d’amore“, sofisticata ballad in cui Mahmood non risparmia la sua vena più malinconica, che troviamo anche nella titletrack, “Nei letti degli altri“. Prendere confidenza con la fine di una storia, cercando di rialzare la testa e affrontarla affinché non sia l’autolesionismo dell’amore a prevalere: “Potremmo parlare anziché immaginarci / Nei letti degli altri per dimenticarci / Fa solo più male“. C’è poi anche la firma di Michele Zocca in “Tutti contro tutti“, dove l’audacia in coppia diventa uno strumento per affrontare le sfide quotidiane: “Non ho studiato canto lirico per stare al telefono con te ad urlare / Se il mondo ci vorrà distrutti lotteremo soli contro tutti“.

In “Bakugo” c’è un nuovo letto, quello su cui Mahmood s’accende una sigaretta e canta di quando “I tuoi mi davano del delinquente / Quando guidavo senza patente / Dirai: “Shukran” / Sono più forte con Nefertiti sul dente“. Qui la musica del disco cambia passo; si entra in un’atmosfera orientale, che sembrerebbe rifarsi ai videogame di cultura nipponica, di cui Mahmood è notoriamente un grande appassionato. Sul finire del brano però i ritmi si cristallizzano, tornando a quell’introspezione mista a malinconia, che è un po’ il leit motiv dell’intero lavoro.

Ho iniziato a scriverlo tempo fa, ho pensato al letto perché è il nostro porto sicuro, il luogo in cui torniamo la sera, il luogo in cui guardiamo il soffitto o amiamo, o piangiamo. È dove le emozioni prendono forma. Ho viaggiato tanto, stando nei letti di tanti hotel, ho dovuto cambiare tre case nel giro di pochi mesi, sono tornato a casa di mia madre dopo che la mia prima casa presa in affitto è andata a fuoco. Ho esorcizzato tanti demoni sul letto e sento di essere maturato molto.

Mahmood a Cosmopolitan

La mano di Davide Petrella, “papà” del progetto Tropico, si sente in “Nel tuo mare“, una delle ballad più avvolgenti di questo disco che nelle sue prime ore di vita sembra essere anche tra le più apprezzate dal pubblico, e che non sfigurerebbe neanche come papabile singolo di traino per il disco nelle future settimane, anche se alcune pedine di questa tracklist, nelle ore antecedenti alla pubblicazione, sono state volutamente occultate da Mahmood. Non è da escludere che la narrazione di questo album possa arricchirsi presto di brani – nella versione digitale – non ancora editi.

A chiudere questa terza prova in studio nella brillante e sempre più rampante carriera di Mahmood è “Stella cadente“, una delle tracce migliori del disco oltre che una delle più intense e dolorose. Ritorna il difficile rapporto con il padre, già discusso in precedenti brani – uno tra tutti, “Soldi“, ma con riferimenti anche nello special di “Tuta gold” – con accenni all’analisi, che l’artista ha portato avanti prima di pubblicare questo album. “Forse è che da quando ho fatto cinque anni mi hai lasciato un triste ricordo di te” canta Mahmood, recriminando un’assenza difficile da colmare: “Io compro la mia prima casa e non mi chiedi com’è? Mi son sentito grande per la prima volta anche se / Dopo sei mesi ha preso fuoco, era una stella cadente“.

Forse mi lamento troppo della vita
Anche ‘sta cosa di pensare sempre a chi sta peggio di me
Non aiuta
Se ti dicessi da quanto non vedo una stella cadere
Il primo desiderio non lo faccio mai per me
Ma dal secondo chiedo sempre cose irrealizzabili

Mahmood – “Stella cadente”

È incredibile la capacità evolutiva di questo artista. Meraviglia, certo, ma non sorprende del tutto. Le doti artistiche di Mahmood erano facilmente intuibili ancor prima che “Soldi” gli cambiasse la vita – e che allo stesso tempo rappresentasse uno spartiacque per la storia moderna del Festival di Sanremo e per la musica italiana mainstream – con “Nei letti degli altri” semplicemente acquisiscono una consapevolezza maggiore, di un artista che sta crescendo, che sta guardando le cicatrici della sua vita asciugarsi, ammirando il futuro.

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Giornalista salernitano iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Campania. Colleziono compulsivamente dischi e mi piace scrivere con la musica ad alto volume.

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2 replies on “Mahmood più intimo che mai in “Nei letti degli altri”: confessioni sotto le lenzuola – RECENSIONE”