«Ho capito che dovevo prendere coraggio di essere me stesso». Il giovane artista milanese Rivolta si racconta dopo aver rilasciato il singolo “Sottovoce”
Rivolta, nome d’arte di Alberto Rivolta, è un giovane e promettente artista proveniente dalla scena underground milanese, che con buona probabilità, complice una smodata passione, una certa cultura e preparazione, e potendo contare, si spera, su una buona dose di fortuna (che non fa mai male, specialmente nella musica), farà parlare di sé in un tempo non troppo lontano.
Lo scorso luglio ha rilasciato il singolo “Sottovoce“. Un brano che, così come il progetto musicale di Rivolta, profuma di ribellione e voglia di riscattarsi. Di sottolineare, incidere sulla pietra la propria essenza e far sì che le porte del proprio universo artistico restino sempre aperte alla curiosità di chi vorrà saperne di più. A tal proposito abbiamo intervistato Rivolta, per dare una sbirciata in questo suo mondo.
Presentando questo brano hai detto “è una canzone nata dalla necessità di volersi ribellare alla percezione che molti hanno avuto di me negli anni dell’adolescenza”. Ti va di dirci di più?
Sono sempre stato una persona accomodante, finché mi sono reso conto che alcune persone avrebbero potuto approfittarne. Sono spesso caduto nell’errore di reprimere la mia personalità, ma per fortuna ho capito che dovevo prendere coraggio di essere me stesso. “Sottovoce” è figlia di quell’esatto momento, l’inizio del mio desiderio di ribellione. Ho raccolto tutto quello che avevo dentro per poi canalizzarlo nel pezzo.
Una ribellione che passa anche per il nome d’arte “Rivolta”, vero?
Assolutamente sì, anche se quello è stato un caso perché Rivolta è prima di tutto il mio cognome. Il periodo che ho descritto prima ha gravato molto sul mio percorso di crescita personale e musicale, avevo bisogno di buttare giù tutto e ricominciare da capo. Il destino ha voluto che mi ritrovassi quel cognome, che si sposava perfettamente con quello che stavo provando. Non ci ho pensato due volte e ho deciso di utilizzarlo, mia aiuta a ricordare sempre perché sto facendo tutto questo e dove voglio arrivare.
Sonorità elettroniche con rimandi al tango argentino. Raccontaci il lavoro che c’è stato dietro questo pezzo e quali ispirazioni ti hanno portato alla sua genesi.
Di solito parto sempre da un’idea di testo, prima che dalla costruzione della vera e propria canzone. Ricordo che avevo bene in mente cosa volevo dire, il ritornello l’avevo già scritto, quindi mi sono visto con la persona con la quale lavoravo per mettere giù delle idee per la stesura del brano. Abbiamo cominciato col beatmaking e con una selezione di suoni riconducibili alle sonorità del mondo urban ed elettronico, ma suonando degli accordi di chitarra per seguire la base, ci siamo accorti che poteva venire fuori qualcosa di interessante.
Dopo aver trovato un giro che ci piacesse, abbiamo deciso di includere nella base le chitarre acustiche, cominciando a delineare i primi rimandi al tango argentino. Successivamente, siamo andati ad implementare il tutto mediante l’inserimento di percussioni ed altri suoni tipici del mondo latino, provando a creare qualcosa che mi piace definire una specie di “tango 2.0”.
Sappiamo che il tuo primo approccio alla musica è avvenuto grazie a una chitarra e alla musica di De Gregori, Guccini e De Andrè. C’è un brano in particolare di questi artisti che ti sarebbe piaciuto scrivere? E perché?
Ho sempre ammirato questi artisti per la loro immensa capacità di scrittura, ognuno di loro ha il suo personale modo di scrivere che li porta ad essere riconosciuti dalla prima parola scritta o cantata. Di Guccini mi sarebbe piaciuto scrivere “L’Avvelenata“. L’ho ascoltata moltissimo, specialmente nei periodi più difficili, cercando di trovare il coraggio di dire tutto quello che pensavo, come ha fatto lui in questo brano.
Di De Andrè mi sarebbe piaciuto scrivere “La ballata dell’amore cieco”. È un brano crudo e fortemente provocatorio, ma con un testo che denota un’ enorme sensibilità. Lo ascoltavo tantissimo quando ho avuto le prime delusioni amorose, mi ha insegnato che l’amore può anche essere tossico. Tra quelle di De Gregori, sicuramente “Generale”. Le sono fortemente legato perché da bambino è stata la prima canzone che ho cantato in pubblico. Oltre al valore affettivo, crescendo l’ho apprezzata ancora di più comprendendo la potenza del testo.
In un mondo che non sempre tende la mano all’intraprendenza dei giovani, anche nell’ambito musicale, come si fa a far emergere le proprie idee ed intuizioni?
È una bella domanda. Purtroppo, specialmente in ambito musicale, non ci sono regole o percorsi da seguire. Bisogna solo cercare di portare avanti le proprie idee, crescere con loro e continuare a perseverare. C’è tanta gente che va dietro alla musica per moda, ma ce n’è anche tanta che non si ferma davanti a nulla pur di trovare il proprio spazio. Mio nonno diceva sempre che nella vita ci vogliono curiosità, passione e determinazione… ho abbracciato questa mentalità e spero che mi porti dove voglio arrivare.
Questo esordio è come una porta che si apre sul tuo universo artistico. Ecco, proprio questo tuo mondo come lo descriveresti a chi si sta approcciando adesso alla tua musica?
È un mondo sempre in movimento, sono una persona molto curiosa e cerco di trasmettere questa cosa anche nella mia musica. Voglio che il mio percorso di crescita musicale rifletta anche quello della mia crescita personale, cerco sempre di inserire ogni aspetto di me stesso nei brani che scrivo. Mi piace l’idea di far coesistere vari aspetti della mia personalità all’interno di un singolo pezzo, raccontando sia la mia parte più profonda e riflessiva, sia quella più leggera e spensierata.
Quali sono i temi che troveremo nelle tue canzoni? Con quale chiave vuoi porti al pubblico che ascolterà e scoprirà Rivolta?
A parte il tema della mia rivolta personale, con le mie canzoni voglio raccontare dal mio punto di vista ogni aspetto riguardante la mia vita. Parlo di storie d’amore passate, di episodi che mi hanno colpito in positivo e in negativo, di pensieri riguardanti il futuro. Questi temi più seri vengono alternati a momenti in cui mi racconto in maniera più leggera, magari prendendo un po’ in giro qualcuno che non mi sta particolarmente simpatico, o parlando di come quella volta ci ho provato con quella determinata ragazza.
Rivolta tra dieci anni. Dove sarà? Su quali palchi hai intenzione di far approdare questo progetto?
La musica è la mia più grande passione, il mio sogno da qui a dieci anni è quello di farla diventare a tutti gli effetti il mio lavoro. Probabilmente vivrò ancora in Italia, magari dopo aver messo su una mia famiglia, ma mi piace pensare che la musica mi porti a muovermi il più possibile, conoscendo nuovi posti e nuove persone. Per quello che riguarda il discorso dei live, al momento sono concentrato sul chiudere alcuni pezzi, in più conto di riuscire ad uscire col mio primo EP entro fine anno. Detto ciò, mi piacerebbe davvero suonare in giro e far arrivare la mia musica a più persone possibili, compatibilmente anche a quello che sarà possibile fare con l’attuale situazione sanitaria.