La giovanissima Noor è in lizza per un posto al Festival di Sanremo: tenterà di conquistarlo con la delicata “Tua Amelie“. Scopriamola in questa intervista
Nel lotto dei dodici artisti di Sanremo Giovani 2022, che il prossimo 16 dicembre si contenderanno uno dei sei posti disponibili per partecipare al Festival di Sanremo 2023, troviamo anche Noor. Appena diciottenne si appresta a vivere la più grande esperienza della sua giovanissima carriera (fino ad ora). Nelle sue tasche una manciata di sogni e una bella canzone: “Tua Amelie“.
Tra le dolci note, la cui realizzazione è frutto della collaborazione con Marcio, Marco Rettani, Enrico Palmosi e Davide Di Gregorio, si nasconde parte del vissuto di Noor. Un palloncino colmo di dolore pronto ad essere liberato in cielo e a non fare più ritorno. Una traccia da scoprire, così come la giovane e promettente Noor.
Noor, questa “Tua Amelie“, sin dopo il primo ascolto, è capace di lasciare una carezza vellutata all’ascoltatore. Ci parli di questa canzone?
Questo pezzo parte da una mia idea che ho sviluppato poi con gli autori Marcio e Marco Rettani. Parla di una storia difficile da raccontare ma che grazie a questa canzone sono riuscita in qualche modo a superare.
A portarla fuori dai denti…
Esatto. È una lettera in cui parlo a me stessa. Parlo a una parte di me che voglio lasciar andare e grazie a questo pezzo sono riuscita a farlo. È un po’ un grido di aiuto e di liberazione. Mi sta tanto a cuore perché intende allo stesso tempo lanciare un messaggio positivo, di rinascita e libertà.
“Sei fatta così ma non stringermi. Ho bisogno di cadere da sola“. Può essere questo un pezzo che parla anche a tutte quelle persone che si chiudono in una stanza e affrontano il proprio buio in solitaria?
Esattamente. La parte di me che dovevo lasciar andare chiedeva di essere liberata. Lasciami cadere, devo cadere da sola, non ti voglio portare giù con me. È un processo di rinascita che le persone devono fare dentro di loro, magari proprio chiudendosi in una stanza buia come hai detto tu.
Tra le firme su questo pezzo c’è anche quella di Marco Rettani (qui la nostra recensione del libro co-scritto da Rettani e Nico Donvito “Canzoni nel cassetto“), parlaci dell’incontro con l’autore.
Marco mi ha accolta sin da subito con un gran sorriso, mi ha fatto immediatamente sentire parte del team di Dischi dei Sognatori. Non nego che avessi un po’ di timore ad incontrarlo, essendo lui un personaggio davvero grosso nel nostro mondo musicale. Temevo di fare una figuraccia. Invece l’ho trovato di una gentilezza e vivacità che non mi aspettavo, sono rimasta molto colpita. Il suo tocco in questo brano si sente.
Questo approccio immagino sia stato fondamentale per poter lavorare al meglio…
È stato di gran supporto dal primo momento che ci siamo conosciuti fino ad oggi. Insieme a Manuel Magni, il mio manager, ci sentiamo costantemente e questa sua presenza mi fa sentire protetta e mi carica tantissimo.
Come tu stessa hai affermato, la musica in un certo modo può fare da cerotto, ma il processo di salvezza, con le proprie mani, non è semplicissimo. Da dove si parte per aiutarsi da soli?
Domanda molto difficile. Penso che il primo passo sia la consapevolezza. Accettare il proprio dolore e che a un certo punto si può davvero andare avanti. Lasciare quel dolore alle spalle perché non è poi così determinante. Lascia una cicatrice, ma che resta un segno che deve essere dimenticato. La musica poi diventa una sorta di “psicologo”, un mezzo attraverso cui arriva questa consapevolezza.
Approdi a Sanremo Giovani passando per Area Sanremo. Ti aspettavi di arrivare così lontano nel – non poco intricato – meccanismo di selezione?
Quando faccio queste cose non penso mai al risultato finale. Siamo partiti da 550 artisti e quando siamo rimasti in quattro mi sono detta “Renditi conto di cosa è successo”. Inoltre il livello era altissimo, soprattutto nella fase in cui siamo rimasti prima in 40 e poi in 20. Erano tutti bravi e con tutte le potenzialità. Cercavo di non pensarci, ma la speranza c’era sempre.
Sei nata in Kirghizistan ma sei italiana d’adozione a tutti gli effetti. In che modo queste due culture s’incrociano e rendono Noor ciò che è?
Io ho sempre vissuto “a metà”, immersa completamente nel mondo di mia madre, che è kirghisa, e in quello di mio padre, che è bergamasco. Sin da piccolina ho parlato due lingue e portato dentro due culture diversissime tra loro. Sento che questo connubio mi dà una grande forza anche se non è semplice: quando sono in Italia mi manca la mia parte kirghisa mentre quando sono in Kirghizistan mi manca quella italiana. In questo mi aiuta la musica: quando sento di dovermi ricollegare alle mie origini asiatiche ascolto la musica kirghisa. La musica è il collante che mi permette di conservare un equilibrio.
Non sei nuova agli schermi Rai, essendo stata protagonista della serie “Tu non sai chi sono io“. Che esperienza è stata quella?
Tutto è partito da X Factor, dove nel 2021 ho raggiunto la fase “bootcamp” delle selezioni. Lì mi ha notata un’autrice di questa serie Rai che mesi dopo, dopo aver ascoltato il mio primo inedito “Respiro“, che era uno sfogo relativo alla pandemia, mi contattò. Mi chiese di raccontare, partendo dalla musica, come i giovani hanno vissuto quel periodo. Ho subito accettato perché la pandemia mi ha colpita nel profondo. “Tu non sai chi sono io” rappresenta uno dei primi approcci con le telecamere per me, mi sono sentita subito al mio agio con il team di RaiPlay. È un’esperienza che mi ha fatto crescere.

Negli scorsi giorni Amadeus ha svelato i 22 big che parteciperanno al Festival, a cui poi si aggiungeranno 6 artisti da Sanremo Giovani. Non per metterti pressione, ma ci pensi che al fianco di quei nomi di prim’ordine potresti esserci anche tu?
Io generalmente sono molto scaramantica (ride, ndr), sto cercando di non pensarci e di non parlarne neanche, però hai ragione. Ci sono dei nomi giganti e Amadeus è stato bravo a mettere in piedi un cast assurdo. La sola idea di poter sfiorare quel palco mi mette i brividi, anche se per me passare tra i primi quattro di Area Sanremo è già una grande vittoria. È tutto così surreale.
C’è qualche nome che ti incuriosisce di più?
È un cast stranissimo. Ascolto molto Lazza ma anche Marco Mengoni. Ci sono poi molti artisti della mia età come Ariete. Sono molto curiosa di conoscerli.
So che c’è un album in lavorazione ma, senza troppi spoiler, cosa ci puoi anticipare sul brano che hai nel cassetto per il Festival di Sanremo?
Insieme ad altri autori stiamo lavorando soprattutto per mantenere la mia autenticità, senza imitare qualcuno o intercettare dei trend. Mantenere la mia originalità, senza dimenticare anche le mie radici kirghise. Infatti anche nel videoclip ufficiale di “Tua Amelie”, che uscirà molto presto, abbiamo inserito riferimenti al Paese. È quella la linea che seguiremo, al momento però l’album l’abbiamo lasciato un po’ da parte, siamo concentratissimi.