Considerata una disciplina terapeutica vera e propria, la musicoterapia – sia attiva sia ricettiva – riesce a migliorare il benessere fisico e mentale degli individui.
La sua evoluzione parte da Pitagora e arriva fino ai giorni nostri
Nei primi articoli l’ho presa un po’ larga, parlando di benessere per la musica e di musica per il benessere. Ma adesso è arrivato il momento di fare sul serio e di introdurre una disciplina terapeutica vera e propria: la musicoterapia.

Visto che qui disquisiamo di cose un po’ più inquadrate del solito – solitamente in questa rubrica in collaborazione con Mentifricio volteggio tra emozioni personali e percezioni generali – vi recupero la definizione elaborata dalla World Federation of Music Therapy, la società internazionale senza scopo di lucro che lavora per far comprendere la natura sia scientifica sia artistica della disciplina.
(La musicoterapia) “è l’uso professionale della musica e dei suoi elementi da parte di un musicoterapeuta qualificato con individui, gruppi, famiglie o comunità che cercano di migliorare la loro qualità di vita e la loro condizione fisica, sociale, comunicativa, emotiva, intellettiva e spirituale.
Si tratta, in pratica, di una disciplina che utilizza l’espressione musicale e i suoi elementi fondamentali (suono, ritmo, melodia e armonia) al fine di migliorare il benessere mentale e fisico degli individui, con un approccio sia ricettivo, che consiste nell’ascolto, sia con uno approccio attivo, che si traduce nel “fare musica” con strumenti, oggetti o anche solamente con il proprio corpo.
Anche se sembra una cosa modernissima, la musicoterapia è radicata in un passato tutt’altro che recente. Facciamo un po’ di storia (e non mi dite che parto da Adamo ed Eva perché al massimo parto da Pitagora). Già Pitagora, nel VI secolo a.C., riconobbe il potenziale della musica nel modificare gli stati d’animo e riequilibrare l’individuo e un po’ dopo Platone dichiarò di apprezzarne le qualità terapeutiche (lo dicevo proprio qui).
Nel corso della storia, poi, molti hanno sfruttato la musica come strumento per curare malesseri mentali e fisici: Johann Sebastian Bach, per esempio, compose le Variazioni Goldberg per alleviare l’insonnia di un nobile, mentre il cantante italiano Farinelli aiutò il re di Spagna Filippo V a uscire da una profonda depressione.

Certo è che se parliamo di musicoterapia moderna dobbiamo fare un balzo in avanti, nella Vienna settecentesca, e incontrare il medico viennese Franz Anton Mesmer e il compositore Wolfgang Amadeus Mozart. Mesmer fu infatti lo specialista che, cogliendo l’effetto delle composizioni di Mozart sulle persone, iniziò a usarle durante le sue sedute di ipnosi – mica male.
Da quel momento, la musica ha iniziato a essere riconosciuta come una terapia complementare in diversi ambiti medici e psicologici.
IL PRINCIPIO DI IDENTITÀ SONORA
Molto interessante è quello che viene considerato ancor oggi il principio cardine del processo terapico della musica, il cosiddetto “principio di identità sonora”, teorizzato compiutamente da Benenzon ma già individuato un sacco di tempo fa da Pitagora (che ritorna).
Secondo questo principio, per dirla semplice semplice, la musica triste guarisce le persone tristi e la musica stimolante guarisce le persone agitate e nervose.
Ora sì che mi spiego le mie nottate passate a struggermi con Creep dei Radiohead e il mio sentirmi sorprendentemente meglio la mattina dopo! Sono una tristona, già si sapeva ma ora ancor di più.
Oggi la musicoterapia viene applicata in parecchi contesti, trattando schizofrenia, autismo, problemi di apprendimento e di comunicazione, traumi e condizioni degenerative come il morbo di Alzheimer. In particolare, la musicoterapia attiva è particolarmente utilizzata per persone con disabilità psicofisiche o per coloro che soffrono di psicosi, poiché offre un canale non verbale di comunicazione con il terapeuta. La musicoterapia recettiva, invece, attraverso l’ascolto di specifici brani musicali, riesce a trattare altri tipi di disturbi, permettendo ai pazienti di esplorare le proprie emozioni e migliorare la consapevolezza di sé.
Intorno a questa disciplina ci sarebbe moltissimo da dire e mi riservo di scendere nel dettaglio “medico” insieme a dei professionisti del settore. Ad oggi, in Italia, la musicoterapia, sebbene ancora non regolata legalmente, si sta affermando sempre di più, e vede il lavoro di organizzazioni come la Confederazione Italiana delle Associazioni di Musicoterapia (CONFIAM) e la Federazione Italiana Musicoterapisti (FIM) su cui torneremo nei prossimi nostri appuntamenti.
Quel vorrei restasse di questo umile articolo è semplicemente questo: la musica ha un ruolo incredibile. Non è solo arte, ma è anche una risorsa terapeutica potente che accompagna l’essere umano dalla nascita fino alla morte e che può aiutarlo a migliorare la sua salute, mentale e fisica, in modo naturale e profondo.
Ascoltiamo(ci).




