Diamo uno sguardo da vicino a “Doors“, l’EP con cui il producer Kevan fa il suo esordio sulle piattaforme di musica digitale
Dopo anni di gavetta, scommesse e grandi dosi di coraggio, il producer Kevan è approdato finalmente sugli store di musica digitale con il suo EP d’esordio, “Doors“. Quattro tracce che rappresentano il biglietto da visita di questo artista ricco di sfumature, nato con piedi e mani immersi nella musica e nell’arte, che attraverso la lingua inglese ha trovato la chiave per comunicare a tutti ciò che è contenuto nella sua testa.
Quattro canzoni per emanciparsi da quelle frustrazioni che quotidianamente vengono trascinate sulle spalle come una croce. Cosa è “Doors” per Kevan?
“Doors” per me è il risultato del mio percorso di rinascita artistica. Ho passato anni in silenzio dopo aver fatto di tutto e di più con le precedenti formazioni, poi mi sono preso del tempo per scrivere, imparare a produrre, costruire uno studio e fondare un etichetta, per onorare il mio impegno di più di un decennio di musica e pubblicare il mio primo disco da artista.
Su “Doors”, oltre alla tua firma, c’è anche quella di Daniel Baiolla e del produttore Marin Arsene. Com’è stato lavorare insieme a questo progetto?
Mi ricordo che Daniel giocava ad essere il mio manager in seconda media e oggi è diventato co-manager di un’etichetta che dopo due anni di attività ha raccolto milioni di ascolti. Marin ricordo che stava a produrre con il laptop in studio insieme a me mentre ancora non c’era l’arredamento con due casse da 200€. Sono fiero di aver portato i miei amici fino a questo punto, siamo partiti da zero e abbiamo fatto tutto con le nostre risorse.
Nell’EP hai anche modo di trattare della ricerca spasmodica del denaro. E in effetti, se guardiamo alla musica attuale, la concezione di arte è un po’ cambiata. In molti si cimentano nella musica con il solo scopo di rimpolpare il proprio conto in banca più che comunicare e lasciare davvero qualcosa a chi ascolta. Cosa ne pensi?

Penso che iniziare una carriera artistica con lo scopo di guadagnare denaro sia folle, è dimostrato che l’industria musicale oggi non sia per niente redditizia confronto ad altri settori. Per esempio, Kanye West ha guadagnato in una sera sola vendendo giacche circa la metà di quanto ha guadagnato in totale con le vendite digitali del suo disco. Perciò ho voluto esprimere le mie frustrazioni su quanto sia difficile per un artista guadagnare quanto si merita, anche perché gli investimenti da fare sono importanti prima di pensare di pubblicare un disco come si deve da soli. Più che gli artisti, biasimo alcune etichette che pubblicano contenuti privi di arte ma che sanno bene come funziona la rete finanziaria, e cercano di massimizzare i guadagni a discapito dell’arte, diffondendo record senza valore.
In “Call me (when I’m dead)” esorti le persone a chiudere alle proprie spalle le porte del passato e con esso le figure tossiche che ne hanno fatto parte. Ma come si fa ad affrontare quel momento di perdizione iniziale che si palesa? Quei momenti in cui inizi a raccogliere e mettere insieme i cocci della tua vita?
La peggiore delle mie ex su una cosa aveva ragione, diceva “tanto il tempo cura tutte le ferite”, in effetti penso sia vero. La fase in cui ci si accorge di aver perso tempo con un rapporto può essere vista come la brutta fine di un periodo ma anche come un nuovo inizio personale. Per me infatti è sempre stato un nuovo inizio che mi ha reso migliore.
In “Doors”, la titletrack del progetto, spazio invece al fuoco della passione che brucia nel petto. E a tal proposito quanto è stato importante per te la realizzazione di questo EP, considerato anche il periodo storico, in cui fare musica non è certo un’impresa semplice.
Non nego di aver avuto molti momenti di sconforto in questi due anni in cui l’arte è sempre rimasta l’ultima ruota del carro, trattata come la cosa meno necessaria al mondo quando senza arte vivremmo una vita in bianco e nero. La mia forza e la mia positività sono rimaste sempre e comunque nella musica, pensando che se ho superato un momento così difficile ora, riuscendo a fare questo disco e portarlo avanti, significa che riuscirò a fare tutto ancora più facilmente dopo.
Venendo alle sonorità invece, nel progetto troviamo la dark pop così come il soul, l’R’n’B e tracce di musica latina. Parlaci della scelta di fondere tutti questi mondi in queste quattro canzoni.
Alcuni elementi sono parte di me, a volte vorrei non essere Dark Pop ma alla fine è tutto ciò che sono e che mi rappresenta, altre sonorità invece sono una scelta che ho fatto per rappresentare un mondo artistico che per cultura è sempre stato in ombra, di serie B. Questo mi ha portato a reinserire le sonorità Soul e Afro-Cuban, che per me sono un simbolo di libertà a livello culturale.
Come hai riportato di recente nelle tue Stories, la maggior parte delle riproduzioni al tuo EP arrivano da oltreoceano, lanciando anche una piccola stoccata a chi dice che cantare in inglese, in Italia, non porti da nessuna parte. Pensi ci sia una forma di pregiudizio verso gli artisti del Belpaese che non cantano nella propria lingua madre?
La grande maggioranza delle etichette in Italia non vuole assolutamente promuovere musica cantata in inglese da italiani. Le motivazioni date dai discografici sono sempre diverse, possono essere legate alla pronuncia non perfetta di alcuni artisti, la poca credibilità, questo è ciò che si dice. A volte penso che invece il problema sia la mancanza di voglia di rischiare o la mancanza di mezzi da parte della vecchia gerarchia discografica. La nostra generazione parla e studia inglese da quando ha 5 anni e ha voglia di farsi ascoltare in tutto il mondo. Poi fortunatamente c’è chi preferisce cantare in italiano anche perché non vorrei che la mia lingua originale smetta di esistere nella musica.

Cosa è rimasto, oggi, di quel piccolo Kevan che a 11 si nutriva di Blink-182, Green Day ed Eminem, e che a piccoli passi sognava in grande?
Sono come un Pokémon che si è evoluto, quel piccolo me c’è ancora ma con più risorse e più autonomia. In fondo da piccolo volevo essere quello che sono ora e se ci penso questo mi rende felice. Quello che mi manca di me da piccolo è la spensieratezza con cui suonavo insieme ai miei amici nel garage. Ma me la riprenderò.