Un ritorno non semplice per Katy Perry. Avvolta dalle polemiche per la collaborazione con Dr. Luke, lancia l’album “143“, ma c’è ben poco da salvare
Katy Perry. Fino ad una manciata di anni fa era letteralmente ovunque. Nelle radio, in tv, negli spot pubblicitari, nei jingle telefonici, magari anche sul pianerottolo di casa. L’intera “Teenage dream era”, quella legata al suo secondo album, fu un trionfo assoluto: hit dopo hit, un successo sbanca-classifica dopo l’altro. Poi qualcosa s’è interrotto, tra dischi mal recepiti e trend musicali che inevitabilmente sono cambiati. Il suo ritorno con nuova musica è stato accolto da un gigantesco hype, ma le aspettative non sono state rispettate: “143“, il nuovo disco, è stato lanciato… ma in una piscina senz’acqua.
GLI ANTEFATTI DI UN COMEBACK DISASTROSO
Parliamone meglio, riavvolgendo il nastro e tornando ai nastri di partenza della KP6-era. All’annuncio di “Woman’s world” i social esplodono: una delle più grandi popstar dei primi anni ’10 torna con un nuovo progetto discografico a quattro anni di distanza da “Smile“, un mezzo passo falso bastonato anche dalla pandemia da Covid-19, che ne ha annullato la promozione. L’hype però subisce una battuta d’arresto all’annuncio dei collaboratori della Perry per questo nuovo disco: tra i nomi spicca Dr. Luke, coinvolto in procedimenti giudiziari con accuse di violenza sessuale e psicologica sulla cantante Kesha.
Questa collaborazione non viene in alcun modo perdonata alla cantante, la cui attesa per il lancio del singolo apripista del nuovo percorso discografico viene del tutto congelata. L’11 luglio viene rilasciata, per Capitol Records, “Woman’s world”, e al netto di tutte le controversie con Dr. Luke, il brano è insufficiente. Inno all’autodeterminazione femminile non sostenuto dal testo, banale e sempliciotto. La canzone nel complesso è debolissima, soprattutto come primo singolo del nuovo album e l’accoglienza, da parte di pubblico e critica, è stata spietata.
Nemmeno un mese dopo si tenta di correre ai ripari con un nuovo singolo, “Lifetimes“. Uptempo che abbraccia la dance ma anche qui, traccia senza infamia e senza lode. Tutto già sentito fino allo sfinimento e anche in questo caso la vendite (e gli stream) sono al minimo. Tempo di un nuovo singolo, da lanciare in occasione del Video Vanguard Award che le sarà consegnato l’11 settembre agli MTV Video Music Awards, dopo una performance esplosiva e ben studiata in cui Katy Perry ha eseguito anche alcune delle hit più celebri del suo repertorio, insieme ad “I’m his, he’s mine“, nuovo singolo in duetto con Doechii. Non imperdibile, ma singolo più commercialmente competitivo tra i tre di lancio.
“143“, IL NUOVO ALBUM DI KATY PERRY, SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO
Veniamo dunque al 20 settembre, data d’uscita del sesto album in carriera di Katy Perry. La direzione artistica del progetto è quella intuita già dai primi singoli pubblicati. Nel complesso si tratta di un disco interamente dance-pop con alcuni innesti musicali che strizzano l’occhio al nuovo pop da classifica, minimale e ridondante, che punta alla presa immediata sull’ascoltatore (uno dei dettami della nuova discografia da quando TikTok è diventata una delle principali piattaforme per la divulgazione di nuovi aspiranti successi). Katy Perry vuole provocare, far ballare il suo pubblico, i suoi Katycats, celebrando l’amore, nel senso più generico del termine.
Generico, sì, perché nello specifico in “143” non si parla di niente. Non che il repertorio di Katy Perry sia giunta alla fama mondiale perché cantasse il sociale, istanze popolari o fatti d’attualità, però l’effetto restituito dall’ascolto di “143” è quello di una manciata di minuti (il disco è di durata breve, appena 33 minuti. Dopo un silenzio artistico durato quattro anni? Uhm) senza alcuna sostanza, né musicale né testuale. I pochissimi punti di luce di questo disco sono da ritrovare in “Gorgeous“, in duetto con Kim Petras, “All the love” – forse più azzeccato come singolo rispetto ai tre scelti – e la conclusiva “Wonder“, che nelle intenzioni punta ad una rievocazione della ben più riuscita “Firework“.
C’è poco da fare: “143” non funziona. Katy Perry è tornata senza snaturare ciò che è stata in tutti questi anni, ma presentando la versione più sbiadita di sé. In questi anni, con una certa velocità, il pop è cambiato e nonostante il rapido consumismo a cui viene sottoposta la musica odierna, può esserci ancora spazio per una certa sostanza musicale, che possa permettere alle canzoni di oggi di resistere più di uno scroll sullo smartphone. Aspettative disattese, dunque, per questo album, che più che per la musica verrà ricordato come una grande occasione mancata per il ritorno di una delle popstar più determinanti della storia musicale moderna.
One reply on “Katy Perry ritorna con l’album “143” e spreca un’occasione – RECENSIONE”
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