Il disco del grande ritorno di Junior Cally è “Deviazioni“, un’opera vera, sincera e amara
Forse là fuori c’è qualcuno che dovrebbe delle scuse a Junior Cally, forse c’è qualcuno che dovrebbe metterci un cerotto fatto di parole su quei graffi e quegli squarci che hanno mutilato e trascinato nel buio un artista che i pugni, dalla vita, li ha sempre incassati. Ha con pazienza atteso che quei lividi sparissero per tornare in strada a prendersi il suo posto.
Qualcuno a Junior Cally dovrebbe chiedere scusa, ma intanto a farlo ci ha pensato Antonio Signore con una lettera, anzi, undici lettere, quelle contenute in “Deviazioni”, il suo terzo album.
Al di là del rap
Mi preme partire con questa recensione da un punto su cui intendo essere molto fermo: qui il rap c’entra ben poco. Non c’entra la sperimentazione, la miscela col pop, ciò che pensano i puristi del genere. In generale qui l’attenzione bisogna spostarla sulla musica intesa come manifesto.
Parto sin da subito promuovendo “Deviazioni”, anche col volume al minimo, perché è un disco che si riallaccia a una visione di musica che col tempo s’è malauguratamente persa per la strada: canzoni come messaggi, fotografie di impulso. Contenuto reale, verso e sincero, oltre che mera forma.
La storia di Junior Cally la conosciamo in tanti – eppure in numero di gran lunga inferiore rispetto a quanti hanno espresso la loro, il più delle volte evitabile, opinione – e sappiamo anche tutto quello che c’è stato prima di questo album.
Album che esisteva già ed era pronto per uscire, sulla scia ancora tangibile di un Sanremo, quello del 2020, che gli ha stravolto la vita in peggio. Quelle stesse deviazioni che hanno masticato e inghiottito il rapper lo hanno poi portato a non riconoscersi più nella sua arte.
Dopo un periodo di rehab e di lavoro per rimettere insieme tutti i cocci sparsi in giro, Junior Cally ha preso la decisione – qualcuno direbbe sfrontatezza, altri audacia, altri semplicemente coraggio – di cestinare un progetto che era pronto per raggiungere gli scaffali dei negozi e le varie piattaforme.
Il Cally che si affacciava sul mondo adesso, oltrepassata la soglia dei trent’anni non si riconosceva in quel disco, album che avrebbe dovuto promuovere vestendosi di bugia, con una maschera d’ottone. Comportamento che avrebbe stracciato il patto di fedeltà e trasparenza che il rapper ha da sempre siglato con il suo pubblico.
Ripartire da zero
Si riparte da zero, dunque. Da “Sulla mia pelle”, traccia che ne ha anticipato la pubblicazione e che rappresenta forse una delle più belle lettere d’amore e riconoscenza del rap italiano negli ultimi anni. Si riparte da “Disturbo ossessivo compulsivo”, in cui Junior Cally mette sul piatto una malattia con cui sbatte il capo da sempre.
Si riparte da quello skit che sa di maledizione e verità bruciante. Si riparte da Jacopo Et, artista molto stimato dal rapper che è di fatto l’unico featuring nell’album. E si riparte anche da “Vivo”, traccia a cui lo stesso artista ha ammesso di essere profondamente legato e che chiude la tracklist con una lettera d’amore alla vita.
C’è dell’asfalto che Junior Cally non ha ancora calpestato, ma che si appresta a farlo con coraggio e nuova linfa, accompagnato da Dr. Wesh, presenza fondamentale per la realizzazione di questo album. Ora che è cresciuto, che è un uomo dai mille demoni nel passato e altri che gli aleggiano in testa, ombrandone il cammino, è tornato per davvero. In tutta la sua verità, Junior Cally.