La discografia porta con sé misteri e compromessi. Entics ha deciso di fregarsene e fare musica “authentics”
A Entics non interessa. A Entics non frega niente. Con il suo nuovo disco, in arrivo dopo quattro anni di sporadici singoli, e soprattutto senza alcun supporto discografico (di quelli “big”, che s’è lasciato alle spalle senza troppo silenzio) non soltanto riscopriamo quell’artista, pioniere della dancehall italiana dei primi anni ‘10, ma ci ricolleghiamo a quella musica fatta per il puro piacere di condividere qualcosa. E non è mica cosa scontata di questi tempi.
A volte si arriva ad un punto in cui la musica rischia di diventare un compromesso, e fare la decisione giusta diventa complesso. Perché preceduta da una prima comprensione di cosa e dove si intende portare la propria arte ed i propri contenuti. Entics a quel punto c’è arrivato e non s’è sentito al posto giusto. Con “Purple haze”, album datato 2017, diede l’addio alla Sony, discografica con cui fece il suo esordio boom al grande pubblico con “Click” e “Quanto 6 bella” per inseguire un ideale differente.
Questa non vuole essere una critica, né un insegnamento alla modalità corretta per intraprendere l’arte della musica. Perché non ne esiste una più corretta di quella di percorrere una strada coerente con ciò che si ha dentro. Il posto giusto, d’altronde, non può dettarlo un manager, o un mercato. I cartelli stradali indicano le vie, ma è la benzina che ci mettiamo, i pedali che schiacciamo a portarci dove davvero vogliamo andare.
Chiuso il capitolo major, Entics s’è così tuffato a candela nella nobile arte del tatuaggio, dove su Milano è un vero boss. Il pubblico più attento non l’ha dimenticato, domandandosi quando il Soundboy sarebbe ritornato sulla scena. La fetta di spettatori meno attenta invece l’ha dato per morto: inghiottito dal sistema discografico e dal mare magnum di musica che ogni giorno sbuca da ogni angolo.
Entics però dal richiamo della musica non s’è saputo sottrarre, e nel corso del tempo i singoli non sono mancati ad approdare sulle piattaforme di streaming, alcuni dei quali anche interessanti, in cui l’artista ha dimostrato come maneggiare la macchinetta per tatuare non sia poi tanto diverso dal maneggiare un microfono. Le capacità, il talento, sono tutto.
L’incontro con il collettivo Bizzarri, poi, la svolta. Traccia dopo traccia s’è arrivati al 5 novembre scorso, quando Mr. Entics ha lanciato il suo quinto disco in carriera, il primo da assoluto indipendente: “Authentics”. Un titolo che è un programma. Nelle dieci tracce che ne compongono la tracklist c’è il vero Cristianino, tutto ciò che c’è da sapere sulla sua musica, che non si ferma e non s’è mai fermata alle monster hit che hanno caratterizzato l’adolescenza di tanti, la mia per prima.
“Authentics” è un disco da prendere a morsi, ma da masticare con cura per assimilarne ogni sapore e far divertire le proprie papille gustative. Non ci sono pause: Entics, sui tappeti musicali di Bizzarri e insieme agli altri ospiti presenti nell’album, “martellano” il beat, non facendosi scappare neanche una virgola. Un album diretto, una strada ben asfaltata su cui viaggiare, a qualsiasi ora del giorno, è una meraviglia.
“Dancehall Jeasus” apre il disco e non poteva essere altrimenti. È il grido di ritorno di un “Top player”, titolo di uno dei singoli di lancio dell’album e anche uno dei più freschi. C’è tanto reggae in questo album, ma anche tracce che in una qualunque radio commerciale non farebbero certo una brutta figura: tra queste troviamo “In un attimo”, in cui ospite è Tesha, ma anche “Disco d’oro”, in cui è presente anche Naive e che è forse il brano più in linea con ciò che il mercato generalista (e non è una parolaccia) chiede oggi.
Tra i pezzi che hanno ricevuto i consensi maggiori troviamo “Marzo”, che chiude anche la tracklist e in cui compare anche Eiemgei, ma quello a “pesare” di più è probabilmente “Judas”, in cui al fianco di Entics troviamo una vecchia conoscenza, Vacca. La traccia in cui i due collaborano non è soltanto la più reggae di tutte, ma anche una delle più solide e mirate all’obiettivo. La ciliegina su un disco che ha già il suo posto al caldo nella scena musicale, che questa attiri dieci o trenta milioni di ascoltatori. D’altronde, la musica, non è mai stata questo.