Il nuovo album di Elodie, “Ok. Respira“, ha finalmente visto l’alba. Un ottimo disco che corona un percorso eccellente

Se la fortuna premia gli audaci, dovrebbe esserci una bella medaglia d’oro per Elodie e per tutto il suo team per la scelta di pubblicare “Ok. Respira“, il nuovo album, uno dei più attesi tra l’altro, nella settimana più calda dell’anno. Quella del Festival di Sanremo, che risucchia l’attenzione musicale di tutta Italia e lascia poco spazio per l’ascolto di altro che non sia i pezzi del mosaico festivaliero.

Se possa trattarsi di una scelta audace questa, si tratterebbe comunque solo di una faccia di una medaglia. Dall’altra c’è la concreta possibilità di incrociare l’attenzione di un pubblico che mai come in quella settimana scopre un’affezione spesso malcelata per la musica nostrana, che potrebbe dunque spingerli a gettare un ascolto su ciò che gli artisti in gara hanno da dire extra-Ariston.

Strategie discografiche a parte: che la fortuna premi anche un bel disco, verrebbe a questo punto da dire. Elodie, s’è circondata degli attori principali della musica italiana di oggi: dall’infallibile Dardust a Mahmood, Davide Petrella e Federica Abbate, che insieme firmano gran parte dei successi che ascoltiamo in ripetizione alla radio. Non sono però gli unici autori e musicisti che caratterizzano questo quarto capitolo discografico dell’artista romana, anche se converrebbe parlare di secondo capitolo della nuova genesi di Elodie.

Un viaggio tra il pop e la dance traccia dopo traccia

Si parte con “Purple in the sky“, rilasciato come singolo promozionale a una settimana del Festival, ha la capacità di mettere le regole del gioco in chiaro, specificare dove questo disco vuole andare a parare. Sullo sfondo un tramonto effervescente e dai colori caldi, che scandiscono la volontà di ballare e librarsi leggeri nell’aria, avendo cura di sradicare quei pensieri molesti che abitano la mente rent free.

Come un’unica narrazione, le prime quattro tracce dell’album sono tutte connesse tra di loro come una sola jam session: “Purple in the sky” lascia il posto a “Danse la vie”, brano da subito acclamato dai fan di Elodie e, come rivelato dall’artista, in corsa per Sanremo. Scritto da Elodie, Federica Abbate e Jacopo Ettorre, prodotto da Dardust, la traccia mette in luce l’eleganza interpretativa dell’artista, costringendo chiunque a chiedersi se le sorti in Riviera, con questa traccia, sarebbero state diverse.

Segue poi “Strobo”, siglata da Petrella e Dardust, insieme alla stessa Elodie a cui spetta il compito di mantenere alto il ritmo di un disco che sa coinvolgere l’ascoltatore traccia per traccia. Bello il passaggio che collega “Strobo” a “Due“: così si giunge al capitolo sanremese, che sebbene non abbia regalato all’artista un posizionamento in altissima classifica, l’ha vista ugualmente protagonista.

Due” è il perfetto connubio tra la Elodie popstar e quella tradizione che, pur tacitamente, Sanremo richiede sempre. Sarà stato forse questo a non far decollare all’Ariston il brano, che comunque con l’apporto dell’orchestra non ne ha giovato in potenza. Resta comunque un brano più che sufficiente che significa molto per l’artista.

Credo che “Due” sia una canzone davvero rara, di cui sono innamorata fin dal primissimo ascolto.

Elodie

La prima parte della narrazione, collegata tra una canzone e l’altra, si conclude proprio con “Due“, che lascia posto poi alla title track “Ok. Respira“, senza dubbio una delle tracce migliori del progetto. Spiazzante, come uno schiaffo arriva in pieno viso e ti fa dire “Ma dov’era stata una come Elodie fino ad oggi?“. Riuscitissima.

Mahmood, Petrella, Elodie e Simone Tognini, sempre con la produzione di Dardust, firmano poi “Mai più“, brano che per gusto personale preferisco tra tutti. L’artista la ricorda come «una delle esperienze musicali più divertenti da quando faccio questo lavoro». Fresca e scorrevole, dà respiro, senza abbassare il ritmo, nel passaggio da “Ok. Respira” a un altro giovane classico del repertorio della romana: “Bagno a mezzanotte“.

«Un regalo preziosissimo di Elisa» afferma Elodie, che con questa traccia ha trovato lo stimolo di iniziare a divertirsi con il suo corpo e allo stesso tempo ha dato lo slancio a tanti altri, uomini e donne, di fare altrettanto. Un inno alla spensieratezza e al divertimento consapevole, quello che passa per se stessi e annulla ogni turba mentale. Dalla parvenza superficiale, ma che in realtà non è così. Eccellente.

Boy boy boy” s’è conteso con “Tribale” per un po’ il ruolo di singolo estivo. Atmosfere calde, un po’ africane un po’ mediorientali. Notti di passione e pelle umida. Due minuti di pura sensualità prima di passare proprio alla vincitrice di quella piccola lotta alla hit estiva, “Tribale”. La scelta è stata azzeccata. Come la stessa artista conferma, l’idea era quella di intercettare sonorità anni 2000, che cavalcano un’onda di entusiasmo per il ritorno, su più fronti, di quegli anni. Semplicemente irresistibile, un tormentone che non invecchierà facilmente.

La combo killer Mahmood/Dardust firma uno dei pezzi migliori del disco: “Apocalisse”. Una power ballad che Elodie canta con convinzione. Valida, nella sua relativa semplicità (mica tanta, per l’esecuzione vocale) perché capace di far trasparire tra le sue note un cuore pulsante che s’intravede da una cassa toracica esposta, che non ha paura di mettersi di fronte alle lame, che potrebbero agilmente trafiggerne l’interno. Pura e vera.

Si passa poi a quello che è a tutti gli effetti il pezzo migliore dell’album, e insieme un classico del repertorio di Elodie. “Vertigine”, uno di quei pezzi che non sempre capitano nella carriera di un’artista. Uno di quei brani che danno prestigio alla voce che li interpretano, adattati alla realtà dei giorni nostri ma senza calpestare la dignità della tradizione.

Ancora una volta Dardust alla produzione , ancora una volta Davide Petrella al testo, questa volta insieme ad Elisa. Elodie non nasconde il suo profondo amore per questo brano: «È la canzone più bella che abbia mai cantato». Quella che ha dato il via alla strada che ha portato a questo album. Un giovane evergreen.

Essere fieri delle proprie fragilità. Prendere i propri limiti e indossarli al collo come fossero splendenti medaglie. Parla di questo “Una come cento”, penultima pedina del disco che trova la conclusione con il brano cardine della colonna sonora di “Ti mangio il cuore”, l’esordio cinematografico della romana: “Proiettili”.

Il duetto in cui troviamo la talentuosissima Joan Thiele – che in questo disco compare come autrice anche in “Boy boy boy” – ed Elisa, insieme a Emanuele Triglia, alla scrittura, è un altro dei momenti più felici dell’ottima quarta prova discografica di Elodie.

Capita spesso di leggere, sui social soprattutto, paragoni tra Elodie e varie popstar d’oltreoceano. Autentiche icone culturali, oltre che semplici cantanti. “La Beyoncé italiana“, “La Rihanna italiana“. Con questo disco l’artista fa cadere ogni paragone: Elodie è semplicemente Elodie. Riconoscibile e autentica, senza scimmiottare nessuno, rimanendo fedele a un percorso che, intrapreso da qualche anno, è sempre più un abito che le calza a pennello. Elodie, respira, sei promossa.

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Giornalista salernitano iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Campania. Colleziono compulsivamente dischi e mi piace scrivere con la musica ad alto volume.

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