C’è sempre amore, ma più voglia di alzare il volume e ballare in “Ragazzini“, il nuovo album dei Costiera. Ce lo presentano in questa intervista
Dal loro ultimo live erano passati oltre due anni. Ancor di più ne sono passati dal disco di debutto, “Rincorsa“. Nel mezzo, tante cose sono successe, ma i Costiera, formazione campana composta da Francesco, Alfonso e Rocco, sono tornati a tuffarsi dalla scogliera dell’azzurro mare della musica italiana. Lo fanno con “Ragazzini“, il loro nuovo e secondo album in carriera pubblicato ieri con Futura Dischi / Sony Music.
Un progetto atteso, che non delude, considerata la bontà che a prescindere contraddistingue il trio, ma che ci presenta i Costiera in una chiave più matura e irriverente, diversi da come li avevamo lasciati nel riuscito esordio discografico. A poche ore dal live di presentazione di questo nuovo progetto, presso lo spazio culturale “XXXV LIVE” di Cava De’ Tirreni, il gruppo ci ha parlato di “Ragazzini” in un’intervista esclusiva.
Negli scorsi mesi s’era palesato addirittura il rischio che i Costiera potessero smettere di fare musica. Oggi invece siete qui per presentare il vostro nuovo album con un live.
Alfonso – Non facciamo un concerto da più di due anni e mezzo ormai. Lavorare a questo disco è stato molto difficile, siamo cresciuti, siamo cambiati, abbiamo un’età cruciale, tra scelte e percorsi di vita. Non c’è stata quindi una genesi semplice, si è messo poi il Covid-19, la distanza, il dover lavorare con altre dinamiche. È andata in maniera meno liscia rispetto al primo disco, che invece è stato più spontaneo, più ingenuo e meno ragionato. Adesso siamo partiti con una consapevolezza diversa.
Quando avete iniziato a lavorare a questo nuovo album?
Francesco – Subito dopo il tour promozionale del precedente disco abbiamo deciso di fermarci con i live per concentrarci su pezzi nuovi. All’epoca si suonava così tanto che tempo per scrivere non ce n’era. Già prima della crisi però sono nati dei pezzi. Ci abbiamo messo tanto tempo per tutti gli intoppi che sono sorti.
E possiamo dire allora che “Come sempre“, il brano che apre l’album, in cui emerge tutta la perdizione giovanile, sia una fotografia di questo momento?
Francesco – Assolutamente sì. Più che una fotografia, con la crisi ti fermi a pensare a quello che è stato fino a quel momento. Noi ci chiamiamo Costiera da “Rincorsa”, ma suoniamo da bambini e facciamo gli stessi sbagli. Abbiamo la stessa età, siamo andati alla stessa scuola e siamo cresciuti nella stessa città. Per quante cose siano sempre cambiate intorno a noi, c’è sempre stata una costante. La nostra band. Che si chiamasse Terzo Piano o Costiera. La canzone dice questo.
In “Curva vuota“, uno dei brani più efficaci del disco, giocate con riferimenti calcistici adattati in una storia d’amore.
Francesco – Nei nostri pezzi, ad eccezione di brani come “Come sempre” e “Mai stati in serie A”, che trattano temi non amorosi, c’è sempre un po’ il sentimento di “starci sotto“, e lì giochiamo con il calcio. A volte scrivere una canzone è anche un gioco. Parti da un’idea e ci costruisci tutto intorno, come un gioco.
Una frase che m’è rimasta impressa e “Dici “marcami stretto”, poi scappi“…
Francesco – È una storia d’amore finita. Alla fine il testo dice “Ci guardi da lontano e non ci vedi più / La nostra storia vista dagli spalti”.
Nella title track invece, “Ragazzini“, in duetto con idontexist, ho ritrovato quella periferia amara che c’era nella disillusa “Mai stati in serie A“.
È una “Mai stati in serie A” più urban (ridono, ndr).
Francesco – Non a caso la scelta di chiamare il disco “Ragazzini” è arrivata dopo la scrittura di questo brano. “Ragazzini” poi, ripetuto nel ritornello, non era parte del testo originale. Io spesso faccio le melodie, e in quel caso utilizzai la parola “ragazzini”. Con Angelo vedemmo che ci poteva stare scrivere un pezzo su questo, su come siamo cresciuti. Dopo “Mai stati in serie A” abbiamo pensato che fosse bello tornare a parlare di quel tema ma non nella stessa maniera, bensì con una persona che ancora oggi vive i nostri stessi drammi e gioie di provincia, come si sente anche dalle strofe che ha scritto.
Nell’urban di “2000 volte” si percepisce molto il cambio di rotta, dal punto di vista musicale, rispetto al precedente album. Oggi i Costiera, musicalmente, cosa vogliono dire?
Francesco – È difficile da dire. Il primo disco era immaturo e spontaneo. In quel momento facevano degli esperimenti senza sapere di stare cercando una vera strada. Adesso la strada la stiamo cercando, e non è detto che si possa riuscire in due, tre o quattro anni. In “Rincorsa” ci sono cose che adesso non farei mai, ma in quel momento mi sembravano belle perché quel mondo sonoro era totalmente nuovo. Qui non è stato così. Sono cambiati gli ascolti, ci si è confrontati con altre realtà e la musica è diventata ancora di più un lavoro.
Alfonso – Ci piaceva l’idea di spaziare tra i generi. Avere il pezzo cassa dritta, quello con Sem&Stènn, oppure “Aurora”, che è una cosa molto Lo-Fi che non avevamo mai fatto.
A proposito del pezzo con Sem&Stènn, “Come tutto alla mia età“, ho sentito molto il Cosmo di “Cosmotronic“, in una veste clubbing che mette a proprio agio il duo visto ad X Factor. È stata una bella sfida questa per voi?
Alfonso – L’idea del clubbing e della cassa dritta l’abbiamo sempre avuta. Forse è emersa dopo l’uscita di “Rincorsa”. Già live c’erano molti momenti in cui spingevamo con un’idea di ispirazione techno. Con il nuovo disco ci piaceva l’idea di fare almeno una traccia che fosse più incentrata sulla strumentale, anche se resta comunque un pezzo cantato. Ci piaceva uscire fuori dalla forma canonica della canzone e svagare. Cosmo poi ci è sempre piaciuto. All’inizio ci hanno anche paragonato a lui, anche se non abbiamo mai notato grosse somiglianze.
Francesco – Sem&Stènn ci stanno proprio bene in quel pezzo, per l’immaginario e l’aspetto club. Ci hanno messo tanto di loro, non solo sulla parte vocale.
Rappresentate la scena musicale italiana underground, quella in cui fare musica, anche in condizioni “normali”, è sempre stata una missione difficile. Oggi, con la pandemia, quanto è dura?
Alfonso – È molto dura. Senza i processi di rete e socializzazione diventa quasi alienante. In questo momento i live sono molto ristretti e resta soltanto Spotify. Questo rende tutto il sistema musica faticoso.
Francesco – E anche molto fake. Ci sono persone che possono avere milioni di play ma che non sono usciti dalla stanza. Non per fare il “vecchio”, ma bisogna anche uscire e andare a parlarne con qualcun altro della musica che fai. Invece rimane tutto sul pc, nelle app o su Spotify.
Domanda irrinunciabile: Sanremo. Ci avete mai provato? Vi ci vedreste?
Francesco – È difficile perché ognuno di noi risponderebbe in maniera diversa. Io avrei risposto sì da sempre. Però non abbiamo mai avuto il pezzo giusto. C’è stata la possibilità di provarci, ma per come siamo soliti lavorare noi, non abbiamo mai detto “Adesso arriva Sanremo, dobbiamo prepararci per Sanremo”. Non è una cosa assurda però vedere i Costiera a Sanremo, ma ci vuole il brano adatto.
Alfonso – Non lo so. Sanremo non è da escludere però non ci ho mai visto cucito addosso un pezzo ad hoc per quel contesto.
In ultimo, una parola a disposizione per tutti e tre: come definireste questa nuova era discografica dei Costiera?
Rocco – Transizione.
Francesco – Nostalgia o transizione.
Alfonso – Rinascita.