Al Festival di Sanremo 2021 vince il rock dei Maneskin, alla loro prima volta all’Ariston con “Zitti e buoni“. Una vittoria sorprendente arrivata dopo una finalissima al cardiopalma che ha visto coinvolti Francesca Michielin e Fedez, la cui “Chiamami per nome” è stata trainata fino al podio, dalla 17esima posizione, dal televoto, ed Ermal Meta, favorito della vigilia con “Un milione di cose da dirti“, premiata per la miglior composizione musicale.

Non solo lustrini, pizzo e merletti. I Maneskin in questa cinque giorni – e già da svariati anni in realtà – hanno dato prova di una costante maturazione e consapevolezza della loro musica. Appena ventenni, secondi classificati ad X Factor 2017, sono arrivati con grande stile nella città dei fiori con un post su Instagram eloquente: «Andiamo a fare la storia». Profetici. Andiamo a capire perché.

I Maneskin hanno in pugno la rivoluzione di Sanremo

La vittoria dei Maneskin scandisce un cambiamento in pieno svolgimento sul parquet del palcoscenico che negli anni ha consacrato carriere, così come le ha seppellite. Il Festival di Sanremo, è vero, non è più quello di una volta. Ha imparato ad adattarsi ai tempi per il rotto della cuffia, quando sul finire degli anni duemila si stava valutando l’idea di staccargli la spina.

Da accogliere con positività l’idea di Amadeus, direttore artistico dell’edizione festivaliera più complessa della sua storia, di velocizzare questo processo di svecchiamento rivoluzionando il cast, inserendo nomi come i Maneskin, trionfatori, La Rappresentante di Lista, Fulminacci, Willie Peyote, e ancora altri. Nomi che suonano nelle cuffie dei ragazzi, il vero motore pulsante del nostro paese, che rappresenta l’unica e sola ancora di sopravvivenza della kermesse italiana per eccellenza.

Una scelta che non ha favorito gli ascolti – il cui drastico calo sarebbe da imputare anche ad altre scelte ed errori commessi nella gestione Ama-bis – ma che ci consegna oggi una classe di nuovi artisti capaci di imporsi, farsi notare e scrivere nuove pagine di storia musicale, della nostra storia. E se è vero che i Coma_Cose possono condividere lo stesso palco di Orietta Berti, se La Rappresentante di Lista può sfiorare la top 10 di Sanremo, allora possiamo anche accettare che la musica è cambiata, e non suona necessariamente una musica dolce e melodiosa.

La vittoria del rock nudo e puro dei Maneskin è una sottolineatura di un viaggio iniziato con la sorprendente vittoria della contemporaneità di Mahmood sul cantautorato più classico. E non è una pietra tombale, questa, su tutto ciò che è stata la musica italiana fino ad oggi, bensì la constatazione che la musica del Belpaese è diventata tanto altro, e tutte queste sfumature, sul palco più importante del nostro paese, possono trovare il loro posto al sole.

Il cambiamento, l’apertura al nuovo, molto spesso è sinonimo di vita che continua a sorgere. Ce lo insegnò anche un certo Domenico Modugno, quando al Festival, tanto tempo fa, spalancò le braccia, dando il via a una rivoluzione. Rivoluzione che oggi suona rock.

Ideatore e fondatore di 4quarti Magazine. Scrittore e giornalista salernitano iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Campania. A dicembre 2023 pubblica "Nudo", il suo primo libro. «Colleziono compulsivamente dischi e mi piace scrivere con la musica ad alto volume».

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