Anche se il 25 Novembre (giornata contro la violenza sulle donne) è passato, la lotta continua. Una lotta fatta di sensibilizzazione, educazione sessuale e sentimentale e, perché no, anche di musica.
La musica con il suo enorme potere comunicativo può senz’altro contribuire, attraverso l’impegno personale e artistico di chi la musica la fa, alla lotta alla violenza nei confronti delle donne. Ma prima ancora di dedicarci alle dichiarazioni e alle canzoni degli interpreti sul tema della violenza di genere, è bene fare un focus sull’argomento.
Un focus, soprattutto, di carattere psicologico.
Perché, si sa, quel che ci dice la psicologia è fondamentale sia per inquadrare il fenomeno, sia per quanto riguarda la prevenzione, sia – nei casi in cui sia ormai troppo tardi – per la sua gestione, affinché la violenza subita non arrivi a distruggere del tutto la nostra salute mentale.
Come ben specificato ormai qualche anno fa dal Consiglio d’Europa, è da considerarsi violenza contro le donne “qualsiasi azione di violenza fondata sull’appartenenza sessuale che comporta o potrebbe comportare per le donne che ne sono bersaglio danni o sofferenze di natura fisica, sessuale o psicologica”.

È un discorso molto complesso, che apre a una pluralità di riflessioni troppo grande per un articolo in una rubrichetta dedicata al rapporto tra psiche e musica. Eppure qualche cenno è bene darlo, partendo dal fatto che all’interno di questa tragica varietà di forme, esiste anche una violenza spesso invisibile agli occhi: quella psicologica.
VIOLENZA SULLE DONNE: IL RUOLO DELLA PSICOLOGIA
Ora andremo un po’ per definizioni, perché in questo caso c’è davvero da essere precisi.
La violenza psicologica è, detta in poche parole, quell’insieme di comportamenti lesivi della dignità della donna. Come si lede la dignità femminile? È presto spiegato: attraverso pratiche di umiliazione, denigrazione e colpevolizzazione, concretizzate solitamente in limitazioni della libertà personale, minacce, isolamento da amici e familiari e emarginazione economica e professionale.
Al cospetto di pratiche simili – che devono subito far scattare un enorme campanello d’allarme anche in assenza di violenza fisica – il ruolo degli psicologi e degli psicoterapeuti diventa davvero essenziale, sia nella prevenzione, sia nella diagnosi e sia nelle attività di sostegno a supporto non solo delle vittime ma anche dei soggetti abusanti.
Per quanto riguarda la prevenzione e la diagnosi, tocca tenere a mente che, molto spesso, una donna soggetta ad abusi può “semplicemente” non esserne consapevole. La nostra psiche, infatti, elabora a sua difesa meccanismi di coping: negazione, evitamento, minimizzazione, idealizzazione, persino dissociazione.
Tutti meccanismi difensivi che, purtroppo, vengono ancora troppo spesso confermati e favoriti dall’ambiente sociale, ancora indissolubilmente legato alle logiche patriarcali del “Boys will be boys” e del “te lo sei cercata”. La paura, la vergogna e la tristezza che seguono la violenza sono quindi spesso celate, nascoste sotto il tappeto, con l’effetto immediato di una mancata presa di consapevolezza e quindi di una mancata fuga dal soggetto abusante.

Anche dopo presa di coscienza, è comunque necessario per una donna che ha subito abusi rivolgersi a uno specialista della salute mentale: partendo da un approccio non giudicante, un professionista può concretamente aiutare la donna a gestire il disturbo post-traumatrico da stress che spesso insorge e ad emanciparsi dalla tendenza alla dipendenza affettiva che è di frequente causa della ricerca di amori tossici.
Un buon lavoro psicologico, infine, andrebbe necessariamente fatto anche sul soggetto abusante: smettiamola di pensare, come recitano molti slogan sui social, che basti difendere le donne. Tocca anche e soprattutto educare gli uomini.
LA MUSICA CHE SI SCHIERA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
A chiedere un maggiore coinvolgimento degli uomini in questa lotta è stata anche, nei giorni scorsi, Annie Lennox, cantautrice ex Eurythmics: “Le donne e le ragazze tra i 15 e i 44 anni sono più a rischio di subire stupri o violenze domestiche di quanto lo siano nei confronti di guerra, cancro, malaria e incidenti. Immagina un mondo in cui ogni donna possa realizzare il suo diritto di vivere libera dalla violenza. Uomini e ragazzi dovrebbero essere al nostro fianco perché questo si realizzi” – ha affermato la cantante e attivista.

In casa nostra, Fiorella Mannoia non solo si è schierata contro la violenza di genere con storie e post sui suoi social, ma ha anche portato avanti un impegno concretissimo attraverso la Fondazione Una Nessuna Centomila in cui ha il ruolo di Presidente Onoraria.
Della Fondazione, nata con l’obiettivo di sostenere i Centri Antiviolenza e di promuovere la lotta alla violenza contro le donne anche attraverso il linguaggio artistico e musicale, fanno parte anche altre big della musica italiana, come Malika Ayane, Caterina Caselli, Chiara Civello, Big Mama, Francesca Michielin, Noemi, Paola Turci, Ornella Vanoni.
Molte di queste hanno anche portato sul palco dell’Ariston la causa, come durante il bell’intervento al Festival di Sanremo del 2020.
In generale, sono molte le canzoni che, anche se non nate con uno scopo benefico, hanno affrontato il tema della violenza contro le donne con una certa sensibilità: “Io di te non ho paura” di Emma, per esempio, ma anche “Ballata triste” di Nada e “Mai per amore” di Gianna Nannini.
All’estero, “Byond the Wall” di Tracy Chapman ci spezza il cuore since 1988, “Me and a gun” di Tori Amos e “Not to blame” di Joni Mitchel non smettono di pennellare di sangue e violenza le loro splendide note, “I’m ok di Christina Aguilera” narra ancora di un lieto fine a una storia vera e terribile.
L’elenco è ancora lungo e passa per “Til it appens to you” di lady Gaga e Mariposas di Fiorella Mannoia, ma io voglio concludere con la struggente, autobiografica, terribile “Donna” di Mia Martini.
Il 25 Novembre è passato. Cerchiamo di non rivederci direttamente l’anno prossimo con la tragica e fredda conta dei numeri.




