Alessia Cara con “Love & Hyperbole” firma il suo disco più intenso e maturo: una collezione di brani dove il cantautorato moderno incontra il soul. Un’opera che, al di là degli inciampi discografici, va recuperata (specialmente ora, con la versione deluxe).

Love & Hyperbole è il punto di arrivo e insieme il nuovo punto di partenza nella carriera di Alessia Cara. Parliamo di un album – pubblicato a febbraio scorso, e riproposto in formato deluxe venerdì 24 ottobre – che è il prodotto di una cantautrice che sceglie di seguire intuizioni mirate: arrangiamenti che guardano al cantautorato anni Settanta, tocchi di neo-soul, fraseggi R&B sapientemente dosati e un’economia vocale che predilige l’intensità al virtuosismo.

Un lavoro su cui hanno messo le mani più professionisti: nomi come Mike Elizondo e Jon Levine (tra gli altri) contribuiscono a un suono caldo, organico e calibrato su volta in volta. L’ingresso di John Mayer con un assolo su (Isn’t It) Obvious è emblematico: un innesto narrativo che rafforza la dimensione cantautorale del pezzo. La versione deluxe, poi, aggiunge ulteriori sfumature — nuove tracce e duetti che espandono il mondo del disco — a riprova della densità creativa della sessione.

Il concept tematico è dichiarato nel titolo stesso: l’amore come esperienza iperbolica, capace di oscillare tra estasi e catastrofe. Alessia Cara articola questa dialettica in più registri, dall’introspezione intimista ai brani in cui il ritmo costruisce una tensione cinematica. La scrittura è meno autobiografica in senso aneddotico e più sapiente nella capacità di trasformare il particolare emotivo in archetipo condiviso — la chiave che rende l’album tanto personale quanto universale.

“Dead Man” di Alessia Cara

Le canzoni: anima pulsante di un disco solido

Andiamo ad osservare più da vicino le canzoni contenute in questo progetto partendo dalla punta di diamante – secondo chi scrive – ovvero Dead Man. Qui la voce di Alessia Cara trova il suo registro più cristallino: asciutta, incisiva, capace di restituire una tensione emotiva senza mai ricorrere all’esibizione. È il brano che dimostra la maturità del songwriting e la sicurezza interpretativa della cantautrice. Proseguiamo poi con (Isn’t It) Obvious: ballata moderna dal respiro classico, impreziosita dall’assolo di John Mayer. Il dialogo tra chitarra e voce costruisce una narrazione che parla di insicurezze iniziali in una relazione; muscolarità e vulnerabilità coesistono con naturalezza.

Da sottolineare poi Fire (nella deluxe anche in versione con Tiny Habits): dinamica e sensuale, con una produzione che alterna basse profonde e una linea melodica sinuosa; è uno dei brani che meglio dimostrano la capacità di Alessia Cara di fondere pop e soul. Slow Motion, in cui emergono influenze jazzate e un approccio ritmico più esplorativo. E poi Clean: fraseggio eighties-synth e ritmica serrata; testo che riscatta la protagonista dal passato tossico.

“(Isn’t It) Obvious” di Alessia Cara

L’elemento più notevole dell’album è la maturità vocale. Alessia Cara ha scelto deliberatamente la misura: meno ampollosità, più micro-gestualità espressiva. Il risultato è una recitazione canora che passa dal sussurro alla piccola esplosione controllata, mantenendo sempre coerenza timbrica e fraseggio naturale — qualità che rendono gli attimi più intimi sinceramente palpabili.

La produzione favorisce spazi acustici e dinamici ben respirabili. Gli arrangiamenti di archi, fiati e chitarre sono al servizio del testo e della linea vocale: non c’è mai sovraccarico; al contrario, ogni elemento appare come scelta funzionale a un racconto preciso. Il gusto per i timbri analogici (synth retrò, bassi caldi) crea una patina di classicità contemporanea — una delle ragioni per cui il disco suona come “adult contemporary” pur restando rilevante per il pop d’oggi.

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Valutazione:
★★★★★★★★☆☆

Una gestione discografica che… fa riflettere

Ed eccoci al cuore del paradosso: le scelte estrinseche che hanno compromesso le sorti di questo lavoro. La decisione di non stampare in formato fisico la versione Deluxe — cioè la versione davvero completa e arricchita del progetto — è un errore strategico che toglie al pubblico la possibilità di possedere in modo tangibile un’opera compiuta. Questo atto commerciale, in tempi in cui il collezionismo e il formato fisico rivestono ancora valore simbolico e di mercato, equivale a indebolire la memoria culturale dell’album.

A ciò si aggiungono i rinvii della tournée USA e le cancellazioni/annullamenti di alcune tappe internazionali che hanno avuto copertura mediatica: episodi che hanno spezzato il naturale slancio promozionale del disco e hanno lasciato molti fan disorientati. La somma di questi fattori — promozione frammentata, discontinuità live, mancata valorizzazione fisica — ha contribuito a mettere Love & Hyperbole in una posizione di “opera incompiuta” più che di trionfo pieno.

Nonostante le difficoltà organizzative, il disco ha raccolto consensi critici e conferme sulla solidità artistica dell’autrice: molte recensioni hanno indicato il progetto come la sua opera più emotiva e strutturata fino a oggi. Il riscontro commerciale — in parte compromesso dalle questioni logistiche sopra descritte — non rende giustizia alla qualità intrinseca dell’album. È comunque plausibile che questo album – e in realtà lo speriamo – possa assumere nel tempo uno status di piccolo “cult” nella discografia di Alessia Cara, a patto che venga sostenuto da un’attività curata e coerente nel medio periodo.

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Ideatore e fondatore di 4quarti Magazine. Scrittore e giornalista salernitano iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Campania. A dicembre 2023 pubblica "Nudo", il suo primo libro. «Colleziono compulsivamente dischi e mi piace scrivere con la musica ad alto volume».

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